A RomaFF13 incontro ravvicinato con Thierry Frémaux
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- Categoria: Tredicesima edizione Festa del Cinema di Roma 18/28 ottobre 2018
- Pubblicato Martedì, 23 Ottobre 2018 23:53
- Scritto da Mariangiola Castrovilli
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(Mariangiola Castrovilli) - La Festa del Cinema di Roma, tredicesima edizione, continua con moltissimi, straordinari film e tanti Incontri Ravvicinati, sempre affollatissimi, oltre alle conferenze stampa. Tutto va dunque alla meglio, ma, ogni tanto, un pizzico di polemica è come il peperoncino su di un'appetitosa vivanda.
Di solito, le polemiche non mancano mai in ogni Festival che si rispetti. Ed anche la Festa non fa eccezione. Domande a tormentone allora per Thierry Frémaux, delegato generale del Festival di Cannes, che noi abbiamo incontrato l'anno scorso al FIFF di Namur ed al Festival di Mar del Plata, quando tenne due lezioni magistrali, soprattutto al festival argentino, l'unico di serie A delle due Americhe, dove si dimostrò quello che in effetti è, un gigante.
Qui, alla Festa del Cinema di Roma la domanda tormentone che gli rivolgono è su Netfixl, che dopo un po' però diventa fastidiosa, provocandogli un moto di insofferenza, chiaramente visibile. Nel 2019 però ci potrebbe essere a Cannes, un accenno d'apertura visto che Frémaux commenta «I dirigenti Netflix sono amici, e questo è un momento di grandi cambiamenti. La Francia poi, è un paese che ha bisogno di tempo per accettare e digerire le cose».
Per il potente direttore di Cannes, il suo festival vuole offrire, nel mese di maggio, un'istantanea del cinema mondiale a tutto tondo, nessuno escluso. Per lui i capisaldi sulla Croisette sono quattro, «autori, star, stampa e professionisti del mercato». Anche se ormai a Cannes, c'è un'invasione di stampa mai conosciuta prima, con cifre da capogiro e, parlandone da interessata, file interminabili per riuscire a vedere lavori di cui dobbiamo parlare.
Per togliersi poi un altro sassolino, Frémaux commenta il fatto che in molti «hanno elogiato Venezia e criticato noi, perché loro avevano i film americani degli Oscar. Questa mi sembra un'ossessione. Sono sempre stato convinto che il principio di un festival si fondi sulla sua capacità di essere universale, rappresentare cioè l'universo mondo».
Dopo una pausa di riflessione Thierry Frémaux riprende «Barbera quest'anno non ha avuto Un affare di famiglia di Kore'eda. Noi, invece, avevamo film coreani, giapponesi, egiziani. Venezia fa il suo gioco. Io, non mi faccio condizionare degli Oscar, che sono diventati ormai un'ossessione. Una notte di marzo che impegna tutti da subito dopo all'inverno. Amo il cinema americano e adoro gli Oscar che seguo puntualmente a Los Angeles ogni anno. Come selezionatore però, fotografo la situazione del cinema internazionale al mese di maggio. Se volessi solo cinema americano sposterei le mie date a settembre».