Ne "La Notte dell'Arpia" a Celleno va in scena "La Traviata"
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- Pubblicato Mercoledì, 15 Giugno 2016 14:02
- Scritto da Serena Capuzzo
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(Serena Capuzzo) - "La Traviata" del Teatro Null, sabato 18 giugno alle ore 22.00, in occasione de "La Notte dell'Arpia", andrà in scena nella stupenda cornice del Castello Orsini a Celleno. Una compagnia consolidata per questa opera, che dopo il grande successo dello scorso anno, vede nuovamente calcare il palcoscenico con la musica affidata all'Orchestra de I fiati dell'Alta Tuscia, diretta dal maestro Marco Taschini. Nei panni di Alfredo Germont il tenore Alberto Marucci, affiancato da Violetta Valéry interpretata dalla soprano coreana Seo Hyun Su. La narrazione, il testo e regia sono di Gianni Abbate. Ingresso libero.
Il nome Celleno ha origini nelle radici della Tuscia che ci riportano all'antica civiltà etrusca e greca. Secondo fonti autorevoli, Celleno sarebbe stata fondata da "Italo discendente di Enotro, in memoria della sua figlia Cilenia; e ciò molti anni prima dell'assedio di Troja". Inoltre Celeno, nella mitologia greca, era una delle tre arpie figlie di Taumante e Elettra. Da qui ha origine sia l'araldica della città che la festa indetta "La Notte dell'Arpia".
Questo luogo è ricco di un patrimonio storico che merita di essere condiviso e conosciuto. Ma facciamoci trasportare dalla sabbia del tempo, nella clessidra dei fatti più salienti che hanno fatto giungere a noi questo luogo. Storicamente fu Castello di Viterbo durante il Medioevo. Possedeva e possiede un sito geografico di grande interesse essendo posto quasi a metà strada tra Viterbo ed Orvieto, tra il Lago di Bolsena e il Lago di Alviano. Venne assaltato e depredato dalle truppe di Orvieto guidate da un Orsini. Caduto in mani orvietane, venne restituito a Viterbo quale garanzia degli impegni di fedeltà assunti da Orvieto nei confronti della Santa Sede. Divenne feudo della famiglia viterbese degli Alessandri. Dopo l'assegnato da parte di Bonifacio IX il vicariato passò in modo stabile alla famiglia Gatti, grazie al pagamento del censo annuo pari ad una libbra d'argento lavorato. La famiglia Gatti ne ebbe la propietà per cento anni. Papa Alessandro VI lo assegnò, poi, al cardinale Antonio Morton di S.Anastasia, incontrando però il parere energico di Giovanni Gatti, che qui trovò la morte. Estinta la famiglia Gatti, fu dato da papa Clemente VIII al Cardinale Franciotto Orsini che ne detenne al proprietà sino al 1580, quando venne assorbito dalla Camera Apostolica. Attualmente è un piccolo comune della provincia di Viterbo.